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a cura di Davide Malacaria
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🇵🇸🇵🇸🇵🇸 L'ATTACCO A GAZA CITY DOVREBBE INIZIARE L'11 SETTEMBRE

“Cerco soldati, soprattutto medici e cecchini, per un’operazione di 70 giorni a partire dall’11 settembre. Se ci sono riservisti interessati, vi prego di contattarmi in privato”. Questo il messaggio whatsapp di un ufficiale dell’IDF riportato da un articolo del Timesofisrael nel quale si dettaglia come tanti israeliani stiano eludendo la nuova chiamata alle armi ordinata per dare l’assalto a Gaza City.

E come, anche tra gli arruolati, tanta sia la sfiducia e la stanchezza, da cui la necessità di ricorrere a messaggi privati, come quello riportato, per completare i ranghi dei 60mila armati chiamati a devastare l’ultima zona di Gaza rimasta relativamente vivibile.

Difficoltà che discendono dal prolungarsi della guerra, ma anche dalla mancanza di fiducia nel governo, il cui interesse per proseguire ad libitum il conflitto è ormai palese, e dalla consapevolezza che tale operazione causerà la morte di parte o tutti gli ostaggi ancora in vita.

Lo spiega un riservista interpellato da Haaretz: “Non possono raccontarmi favole dopo 280 giorni di combattimenti. Conosco Gaza, purtroppo. La conquista di Gaza non ha nulla a che fare con il ritorno degli ostaggi. La sa ognuno di noi”…


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🇷🇺🇮🇳🇨🇳 SCO: IL GASDOTTO CINA-RUSSIA E IL SORRISO DEL SIGNOR CAI QI 🇷🇺🇮🇳🇨🇳

Il summit di Tianjin, in Cina, al quale sono convenuti i Paesi aderenti alla Shanghai Cooperation Organization, Paesi osservatori e semplici ospiti – tra i quali spiccava il presidente slovacco Robert Fico – non è stato solo il consolidarsi dell’Asse del Sud del mondo, formula semplicistica usata da tanto mainstream, ma il più deciso palesarsi del futuro del pianeta.

Prospettiva ad oggi inevitabile, a meno di una guerra termonucleare che l’arresti, incenerendo ovviamente con questa il mondo intero. Infatti, il baricentro economico-finanziario del pianeta si è ormai spostato in Asia e anche lo sviluppo tecnologico, a tutti i livelli (armamenti compresi), è ormai più appannaggio dell’Oriente che dell’Occidente, o quantomeno, se si vuol essere eccessivamente prudenti, si situa su un piano paritetico.

Inutile discettare sul multipolarismo, la crescita dei Brics e altro, temi sui quali sono stati spesi fiumi di inchiostro, come anche sulla forza dispiegata dalla Cina in occasione della parata per la vittoria della Seconda guerra mondiale.

Più interessante il ruolo svolto dal Primo ministro indiano Narendra Modi in questo vertice, che già solo la presenza basta, dal momento che da sei anni l’India aveva rotto i ponti con Pechino aggregandosi alla crociata anti-cinese indetta dall’Occidente. Rottura generata da una controversia di confine tra i due giganti asiatici e dalla pressione anglosassone per farne il pilastro della strategia di contenimento del Dragone.

L’importanza che la Cina ha conferito alla presenza dell’India è rivelata, oltre che dalle dichiarazioni di Xi Jinping e Modi…


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🇵🇸🇵🇸🇵🇸 GAZA. LA NUOVA PROPOSTA DI TREGUA MADE IN USA E IL CORRIDOIO DI DAVID

Una nuova proposta di tregua per Gaza è stata avanzata dagli Usa: la liberazione immediata di tutti gli ostaggi in cambio della pace. A parlare dell’iniziativa Bishara Bahbah, che affianca Steve Witkoff nella missione diplomatica mediorientale.

Washington, dunque, sembra aver tolto dal tavolo l’offerta di due mesi fa nonostante il fatto che, alcuni giorni fa, Hamas l’avesse accettata dopo il rifiuto opposto al tempo.

Possibile che sia un modo per superare l’ostracismo di Netanyahu, disinteressato alla recente apertura di Hamas, e per togliere a questi il pretesto per avviare la campagna contro Gaza City, che è quello di esercitare un’ulteriore pressione su Hamas perché liberi gli ostaggi.

Ma è un gioco di specchi giocato sulla pelle dei palestinesi. Né è chiaro come l’amministrazione Trump, subordinata a Israele, possa immaginare che Hamas possa fidarsi delle rassicurazioni Usa sul fatto che, una volta liberati gli ostaggi, riusciranno a placare Netanyahu, anche perché quest’ultimo ha dimostrato di non essere interessato alla loro sorte.

In sintesi, accettare la proposta rischierebbe di dare a Trump e Netanyahu la possibilità di ostentare il trofeo della liberazione degli ostaggi senza ottenere nulla. Anzi, la ritrovata libertà dei prigionieri israelani potrebbe consentire a Netanyahu di proseguire la guerra senza il fastidio delle proteste di piazza, più preoccupate per la vita degli ostaggi che per quelle dei palestinesi.

D’altro canto, l’invasione di Gaza City farà morire gli ostaggi…


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🇷🇺🇷🇺🇷🇺🇫🇷🇬🇧🇺🇦 UCRAINA. I MISSILI DEI VOLENTEROSI E LO SGUARDO AL CIELO DI TRUMP E PUTIN

L’ennesima riunione dei volenterosi ha visto l’ennesimo tentativo della Gran Bretagna di scatenare la guerra termonucleare, ché questo implica l’invio di missili a lungo raggio all’Ucraina annunciato dallo stolido Keir Starmer. Ed è questa la vera notizia post summit, al di là della più publicizzata news sull’intesa trovata tra 26 Paesi per fornire garanzie di sicurezza all’Ucraina, che prenderebbero la forma di un contingente militare.

Opzione quest’ultima, alla quale Putin ha reagito dichiarando che tali forze sarebbero obiettivi legittimi per i russi. In realtà, la coalizione suddetta, al di là dei proclami, non ha specificato come sarebbe composta tale forza, con il Cancelliere Merz che si è defilato, spiegando che la Germania deciderà in base a quel che faranno gli Stati Uniti, seguendo così le mosse della Polonia, che ha ribadito il rifiuto a inviare i suoi soldati (ah sì, anche l’Italia non procederà, ma conta nulla)

Di fatto, senza Germania e Polonia, e soprattutto senza quest’ultima che ha l’esercito più agguerrito del gruppo, il cerino rimane in mano a Francia e Gran Bretagna (con quest’ultima pronta a sfilarsi come al solito), che dovrebbero inviare il grosso di tale schieramento al quale si aggregherebbero fantaccini inviati da Paesi il cui peso militare specifico è alquanto scarso.
Con gli Stati Uniti che ondeggiano tra disimpegno e impegno simbolico – non metteranno stivali a terra, hanno chiarito – tale determinazione non sembra avere molta sostanza. Altro è, invece, se davvero questi Paesi decidessero di inviare missili a lungo raggio per convincere Putin a fare la pace, come da motivazione addotta da Starmer.

Quando fu l’America a compiere tale passo, non fu senza un dialogo sottotraccia con la Russia, che aveva ben compreso come Biden fosse stato forzato a dare tale autorizzazione, negata in più occasioni in precedenza (dopo tante pressioni, decisiva fu l’allusiva minaccia di Zelensky, in un’intervista al New York Times…


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🇪🇺🇪🇺🇵🇸🇵🇸 GAZA: L'ASSEMBLEA GENERALE DELL'ONU PUÒ INVIARE UNA FORZA DIFENSIVA

“Israele, con la complicità degli Stati Uniti, sta commettendo un genocidio a Gaza attraverso la fame di massa della popolazione, così come omicidi di massa diretti e la distruzione fisica delle infrastrutture di Gaza. Israele fa il lavoro sporco. Il governo degli Stati Uniti lo finanzia e fornisce copertura diplomatica attraverso il suo potere di veto presso le Nazioni Unite”.

“Palantir, tramite Lavender, fornisce l’intelligenza artificiale per un efficiente omicidio di massa. Microsoft, tramite i servizi cloud Azure, e Google e Amazon, tramite l’iniziativa Nimbus, forniscono l’infrastruttura tecnologica di base per l’esercito israeliano. Questo segnala come i crimini di guerra del XXI secolo siano forgiati tramite un partenariato pubblico-privato tra Israele e Stati Uniti”. Inizia così un articolo di Jeffrey Sachs pubblicato su al Jazeera nel quale il celebre economista elenca alcuni provvedimenti con cui il mondo, che nella sua stragrande maggioranza depreca quanto sta avvenendo a Gaza e in Cisgiordania, può tentare di porre un argine alla “macchina omicida israelo-americana”.

Rimandando all’articolo per i dettagli sui sei provvedimenti più o meno realistici che, secondo Sachs, i Paesi del pianeta dovrebbero prendere per far pressione su Israele, riferiamo i due più interessanti. Questo il primo: “L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA), con un voto dei due terzi dei presenti e votanti, dovrebbe sospendere Israele dall’Assemblea Generale finché non toglierà il suo sanguinoso assedio a Gaza, sulla base del precedente della sospensione del Sudafrica durante il regime di apartheid. Gli Stati Uniti non hanno diritto di veto all’Assemblea Generale”.

Più incisivo l’ultimo punto: “L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite dovrebbe inviare una Forza di Protezione delle Nazioni Unite a Gaza e nella Cisgiordania occupata…

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🇷🇺🇷🇺🇵🇸🇵🇸 UCRAINA - PALESTINA: IL RILANCIO DELLE DUE GUERRE INFINITE

Drammatizzazione parallela tra ieri e stamattina: nel conflitto ucraino si è registrato l’asserito attacco al palazzo governativo e, in quello mediorientale, l’attentato alla fermata di un bus di Gerusalemme, costato la vita a sei israeliani. La guerra infinita si rilancia su entrambi i fronti.

Sull’asserito attacco a Kiev c’è poco da dire, dal momento che è stato smentito dal sindaco della città Vitali Klitschko che, ignorando che il governo voleva usare dell’accaduto, ha comunicato quanto realmente successo in un post rilanciato da Ukrinform: “Nel distretto di Pechersk è scoppiato un incendio in un edificio governativo a seguito del probabile abbattimento di un drone”.

Il vettore, dunque, non mirava all’edificio governativo, anche perché se veramente fosse stato indirizzato contro di esso avrebbe fatto ben altri danni, mentre questi appaiono più causati da un incendio.
Spiegazione, peraltro, data successivamente da Defense Express, secondo cui l’edificio sarebbe stato colpito da un missile da crociera 9M727 Iskander, che però “non è esploso”, ma i cui serbatoi avrebbero innescato le fiamme (né poteva scrivere che era esploso perché intercettato e che a colpire l’edificio è stato quel che ne rimaneva).

Né c’è una ragione logica per cui i russi avrebbero dovuto prendere di mira quell’edificio…


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🇻🇪🇻🇪🇻🇪 USA VS VENEZUELA: QUESTIONE DI PETROLIO, NON DI DROGA

Gli Usa tornano alla politica delle cannoniere: nel mirino il Venezuela, accusato di gestire il narcotraffico verso gli States. Dopo le minacce e la taglia di 50 milioni sul presidente Maduro è arrivata la U.s. Navy. Primo squillo di tromba, l’affondamento di un’imbarcazione con 11 persone a bordo, attaccata perché ritenuta “minaccia immediata alla sicurezza” nazionale, nonostante  il Capo del Dipartimento di Stato Marco Rubio – che ha una passione per i regime-change nei Paesi latinoamericani – abbia detto che era diretta a Trinidad…

Sull’illegittimità di uccidere senza processo e prove dei presunti criminali rimandiamo a un approfondito articolo di Responsibile Statecraft, in questa sede interessa altro.

È dall’inizio della presidenza che Trump ha avviato una lotta dura contro il narcotraffico, affiancando al brutale repulisti interno un’aggressiva politica estera: prima le accuse alla Cina per l’asserito traffico di Fentanyl, poi il Messico, contro il quale è iniziato a risuonare il tintinnio di sciabole che oggi richeggia al largo delle coste venezuelane.
Inutile sottolineare che si tratta di un pretesto per prendere il controllo di un Paese sul quale i gringos tentano di mettere le mani dai tempi di Chavez con sanzioni e tentati golpe. Il motivo è il solito: il Venezuela galleggia su un mare di petrolio, le riserve più ingenti del pianeta...


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🇷🇺🇷🇺🇺🇦🇺🇦 ZELENSKY ABBASSA LE PRETESE. MA, NELLA NOTTE, ARRIVA L'ATTACCO A SOCHI

Nell’intervista del 6 settembre alla ABC news, Zelensky ha ridefinito i termini della vittoria del suo Paese: “L’obiettivo di Putin è occupare l’Ucraina, vuole, ovviamente, occuparla completamente. Questa è la vittoria per lui. E finché non ci riuscirà, la vittoria sarà dalla nostra parte. Ecco perché per noi sopravvivere è una vittoria. Finché sopravviveremo con la nostra identità, con il nostro Paese, con la nostra indipendenza”.

Atteso che la Russia non ha alcun interesse a conquistare tutta l’Ucraina, dal momento che controllarla la dissanguerebbe (attentati e tanto altro), quello di Zelensky è un ripiegamento netto rispetto alle pretese pregresse: nessun riferimento alla riconquista dei territori perduti, né un accenno agli altri irrealistici obiettivi squadernati finora, come la richiesta di danni di guerra alla Russia e fantasmagorie similiari.

Un ammainabandiera mesto dopo tanta isterica, quanto irrealistica, prosopopea. Ora che ha preso coscienza della sconfitta resta solo da capire quando e come si farà la pace. La ragione dovrebbe indurlo ad accelerare i tempi, dal momento che ogni giorno muoiono persone, ma la razionalità da tempo non abita più a Kiev. E c’è sempre il rischio che, se cede, qualcuno lo faccia fuori (minacce in tal senso sono già pervenute).

La “fine del tunnel”, come da dichiarazione di Putin, sta seminando nervosismo nella politica ucraina, come segnala il divieto imposto agli ex diplomatici di viaggiare all’estero, chiusura delle frontiere alle quali è scampato l’ex ministro degli Esteri Dmytro Kuleba che, prima che la norma diventasse operativa, è fuggito in Polonia…


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🇶🇦🇵🇱🇶🇦🇵🇱 L'ATTACCO A DOHA E IL RILANCIO DELLA GUERRA NATO-RUSSIA

Nel giorno in cui iniziava l’Assemblea generale dell’Onu, nella quale alcuni Paesi importanti dovrebbero riconoscere lo Stato della Palestina, Israele ha bombardato negoziati e negoziatori di Hamas a Doha, in Qatar. E oggi, il caso polacco, con il premier Donald Tusk che ha chiesto l’attivazione dell’articolo 4 della Nato per lo sconfinamento di alcuni droni russi sul proprio territorio. Al solito, le escalation in Medio oriente e Ucraina viaggiano in parallelo.

Doha ha definito, legittimamente, l’attacco israeliano “terrorismo di Stato”. Una definizione ascrivibile anche al duplice attacco alla Freedom flottilla, contro civili impegnati in una missione umanitaria.

Ma tutto ciò appartiene all’impunità di Tel Aviv, che si sente libera di fare quel che vuole, in sfregio al diritto internazionale e ai più basilari diritti umani, anzitutto quello alla vita, negato ai palestinesi chiamati a evacuare a suon di bombe Gaza City per andare incontro a un destino altrettanto funesto (89 morti stanotte).

Il Qatar ha trovato un sostegno forte nei Paesi arabi, che forse iniziano a comprendere di non essere immuni dall’aggressività israeliana. Da vedere se riusciranno a uscire dalla paralisi di cui sono preda dal 7 ottobre.
Resta da dirimere il ruolo di Trump nell’attacco…


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L'ATTRITO TRUMP-NETANYAHU E L'ASSASSINIO DI CHARLIE KIRK

Il Wall Street Journal, rivelando come il presidente americano abbia chiamato Netanayhu per protestare contro l’attacco israeliano a Doha, conferma che questo non era coordinato con Donald Trump. Altra cosa è se ha goduto dell’appoggio americano, che certamente c’è stato dal momento che la base dell’U.S. Army in Qatar e l’intelligence Usa, al di là se Israele abbia avvertito troppo tardi o meno, ne aveva certo contezza nell’immediato.

Contraddizione solo apparente. È usuale che al presidente Usa si ascriva un potere che non ha. L’imperatore, in realtà, ha margini di manovra ridotti e Trump più di altri, dal momento che ha ereditato un esercito e un apparato di intelligence non suo, consegnato cioè alle guerre infinite e devoto al potere politico – finanziario che dopo l’11 settembre ha conquistato la stanza dei bottoni usando gli attentati (Torri gemelle, Pentagono, aereo civile United 93 e altri meno noti) per promuovere un’agenda aggressiva di politica estera.

L’imperatore, dunque, ha provato a protestare per l’ennesimo strappo di Netanyahu, che ha con il potere di cui sopra un legame di sangue, ma ha subito compreso che non poteva farlo. Così, dopo poco, ha alzato nuovamente la cornetta del telefono e, cosa davvero inusuale, richiamato il premier israeliano per chiedergli se l’attacco avesse avuto successo…
Domanda che palesa la totale confusione e prostrazione di Trump, che, peraltro, avrebbe potuto più agevolmente contattare i suoi in Qatar. Di fatto, un’excusatio non petita per aver osato mettere in discussione l’operato del dominus.

Non solo, dopo aver rassicurato il Qatar che quanto avvenuto non si sarebbe ripetuto, ha dovuto incassare le smentite indirette della leadership israeliana, con il Capo di Stato Maggiore Eyal Zamir che dichiarava che avrebbero colpito Hamas “ovunque” e con Netanyahu che ha intimato al Qatar di espellere o consegnare alla giustizia Hamas, oppure, ha minacciato, “lo faremo noi”. Insomma, le rassicurazioni di Trump non sono state nemmero prese in considerazione. Se Israele può fare tutto ciò, in contrasto pubblico con l’imperatore, è perché può contare su un potere americano più forte di questi…

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L'ASSASSINO DI CHARLIE KIRK: UN CECCHINO BEN ADDESTRATO

L’uomo che ha sparato a Charlie Kirk era ben addestrato. Ha sparato un solo colpo, da 180 metri, colpendo al collo. Anche la posizione assunta per sparare indica professionialità. Mentre la fuga sui tetti immortalata dai video, in particolare l’agilità con cui salta a terra, denota ancora addestramento. E professionalità rivela anche la sequenza successiva, quando, sceso dal tetto, “l’uomo armato cammina con nonchalance verso una strada ai margini del campus”. Sa come non dare nell’occhio.

Come dichiarato dalle autorità, il killer aveva fatto in precedenza un sopralluogo sul luogo del delitto, altro cenno di professionalità. La sua fuga è durata tanto, nonostante fosse ricercato da tutta la sicurezza Usa. Il killer sarebbe stato arrestato solo dopo 48 ore e, sembra, su denuncia del padre (così mentre scriviamo).

Il movente finora accreditato per il crimine è l’odio politico: l’attentatore sarebbe un radicale “antifa” che odiava il Maga, del quale Kirk era esponente di punta. Movente che discende dalla rivelazione che la polizia avrebbe rinvenuto dei proiettili inesplosi con su scritte inneggianti alla transizione di genere e contro il fascismo incarnato da Trump e dal suo movimento. È probabile che il profilo dell’arrestato corrisponda a tale identikit. Da vedere come verranno spiegate le capacità di cui sopra, invero sorprendenti per un pazzo lunatico.

A rivelare per primo i bossoli del “movente”, il giornalista-influencer With Crowder, che ha fatto trapelare un asserito documento riservato degli inquirenti che, tra le altre cose, rivelava anche il rinvenimento di “un vecchio fucile a otturatore girevole-scorrevole Mauser calibro 30-06 trovato avvolto in un asciugamano in una zona boscosa lungo la via di fuga del sospettato”...


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LE BOMBE SUL QATAR E SUL PIANO DI PACE DI TRUMP PER GAZA

Perché Netanyahu ha attaccato Hamas in Qatar e perché adesso? Questa la domanda che si pone Nimrod Novik su Haaretz spiegando che si trattava di evitare che Hamas accettasse il cessate il fuoco proposto da Trump, per dare un segnale contro l’iniziativa franco-saudita all’Onu e per dimostrare che non ha nulla a che vedere col Qatargate, scandalo che vede imputati alcuni suoi stretti collaboratori.

Molto interessante quanto scrive sul primo punto: “Non così celato nel piano del presidente americano Donald Trump per porre fine alla guerra di Gaza e liberare gli ostaggi c’è un ritiro completo di Israele dalla Striscia, compreso il ‘perimetro’ – una stretta striscia di territorio in cui andrebbe in vigore il divieto di accesso e che separerebbe Gaza dalle città israeliane adiacenti” [prospettiva prevista nei piani dell’IDF ndr.].

“Lo hanno chiarito il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben-Gvir e il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich: se l’IDF si ritirassero da Gaza, abbandonerebbero la nave del governo facendo crollare la coalizione di Netanyahu. Di conseguenza, se Hamas accettasse il piano di Trump, ciò porterebbe al collasso della coalizione di governo”...


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Forwarded from InsideOver
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L’ultima tappa della corsa ciclistica de La Vuelta a Madrid è stata annullata dopo che decine di migliaia di manifestanti pro-Palestina hanno invaso le strade, bloccato il percorso e costretto gli organizzatori a interrompere la gara.

Al centro delle proteste la partecipazione della squadra Israel-Premier Tech, divenuto simbolo politico più che sportivo. La squadra era stata contestata anche al Tour de France di luglio, quando cortei e manifestazioni avevano accompagnato il loro passaggio.

A Madrid le barriere di protezione sono state abbattute, i manifestanti hanno esposto bandiere e striscioni contro Israele. La sicurezza non è stata in grado di garantire lo svolgimento regolare della competizione. La direzione ha quindi cancellato la ventunesima frazione: Jonas Vingegaard ha vinto l'edizione 2025 ma senza cerimonia di premiazione.

Le contestazioni avevano già segnato altre tappe: l’undicesima, cancellata a tre chilometri dal traguardo, e la sedicesima, accorciata con la salita finale eliminata.
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QATAR, OMICIDIO KIRK: L'11 SETTEMBRE DI TRUMP

L’assassinio di Charlie Kirk rischia di diventare un altro 11 settembre americano, e forse mondiale se ripeterà l’effetto domino di allora. Per ora ha scatenato una reazione durissima in ambito repubblicano, dal presidente Trump in giù, contro l’estremismo cosiddetto di sinistra.

Reazione che sembra poter dar vita a un maccartismo di ritorno, ma più estremo del precedente, che vedrebbe indebite convergenze tra la lotta contro i movimenti cosiddetti “antifa” a quella contro l’immigrazione clandestina e, soprattutto, quella contro la causa palestinese, già oggetto di dura repressione.

E dire che, nel mega raduno di luglio del suo movimento politico, il Turning Point, cruciale per avvicinare la generazione Z al Maga, Kirk, in nome della libertà di espressione, aveva invitato diversi oratori più che critici del genocidio palestinese, tra cui Tucker Carlson, Megyn Kelly e Dave Smith.

Un’apertura che aveva irritato non poco certi ambiti, tanto che Kirk “fu bombardato da messaggi di testo e telefonate infuriate da parte dei ricchi alleati di Netanyahu negli Stati Uniti”, riporta Greyzone, tra cui donatori della sua piattaforma, come ricorda un un amico del leader Maga che accenna a come questi ne fosse rimasto destabilizzato e “spaventato”...


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🇵🇸🇵🇸🇵🇸 LO STERMINIO DI GAZA E LA SUPER SPARTA DI NETANYAHU

Inizia l’invasione su larga scala di Gaza City, centinaia di carri armati, bombardamenti, ordigni incendiari sui civili, tanti dei quali bambini. “Gaza brucia”, ha esultato il ministro della Difesa Israel Katz, riecheggiando la fine di Apocalipse now, quando un suo quasi omonimo, il colonnello Kurtz, ripete: “L’orrore… l’orrore”. Un orrore subito come destino ineluttabile per Kurtz, che Katz declina come ineluttabile destino inflitto ad altri.

L’attacco è stato preceduto dalla visita di Marco Rubio, Capo del Dipartimento di Stato e Consigliere per la Sicurezza nazionale Usa (ad interim), che aveva il compito di dimostrare al mondo il sostegno dell’amministrazione americana al genocidio in corso a Gaza e a quello futuro in Cisgiordania.

Per inviare questo messaggio Trump ha scelto Rubio e non il suo fedele Witkoff, che ha gestito in precedenza il dossier israelo-palestinese: un modo per dimostrare distanza dall’operato di Tel Aviv, ma anche che ha ceduto su tutte le richieste di Netanyahu. L’assassinio di Charlie Kirk ha destabilizzato nel profondo il presidente americano, tanto da ridurlo alla totale inermità nei confronti di Netanyahu, che ormai lo bullizza.

Trump ha scelto Rubio perchè, ben prima di essere chiamato nella sua amministrazione, era uno strenuo sostenitore della destra israeliana e si era già esibito nel bacio della pantofola di Netanyahu…


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GAZA CITY: L'INVASIONE È INIZIATA NELL'ANNIVERSARIO DI SABRA E SHATILA

L’attacco di terra contro Gaza City è iniziato nell’anniversario del massacro di Sabra e Shatila (16-18 settembre 1982), quando le forze israeliane circondarono i due campi profughi palestinesi per permettere alle milizie cristiano-falangiste e a quelle filo-israeliane di farne strame.

Tale coincidenza temporale non appare casuale, anche perché per gli ambiti cabalistici a cui afferisce tanta élite israeliana il simbolismo è fondamento e supporto indispensabile all’azione.

Altra coincidenza, casuale stavolta ma significativa, il parallelo vertice dei rappresentanti dei Paesi arabi e islamici a Doha per confrontarsi sull’attacco israeliano contro la delegazione di Hamas in Qatar.

Il fatto che l’inizio la campagna israeliana sia coinciso con tale l’assise dimostra l’insignificanza che Tel Aviv accredita al mondo arabo, nonostante lo alletti  con gli Accordi di Abramo, in realtà non un’intesa tra pari, ma un giogo per gli arabi.
Il summit di Doha poteva essere un’occasione per un’azione comune per fermare l’aggressività israeliana nella regione. Così non è stato…


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🇺🇸🇮🇱🇺🇸🇮🇱 L'INFLUENZA DI NETANYAHU NEGLI USA: TRUMP È INCASTRATO?

Netanyahu “mi sta fottendo”. Così Trump ai suoi collaboratori dopo il bombardamento israeliano del Qatar. Lo riporta il Wall Street Journal, secondo il quale il presidente, pur frustrato per l’ennesima volta dall’iniziativa del premier israeliano, non può rompere pubblicamente.

Secondo il WSJ si spiega con la sua stima per gli uomini forti. Una seconda spiegazione, più convincente, è per “l‘influenza del leader israeliano sul Congresso e sui media repubblicani“.

Altra spiegazione, che potrebbe sommarsi a quest’ultima, l’ha data l’ex funzionario dell’intelligence israeliana Ben-Menashe: “Il governo americano è intrappolato dagli israeliani. Jeffrey Epstein era uno dei loro strumenti per intrappolarli. Hanno intrappolato diversi presidenti degli Stati Uniti usando Jeffrey Epstein. Non era solo una questione di sesso, ma anche di soldi” .

“Trump può porre fine al genocidio a Gaza subito se smette di avere paura degli israeliani”, ha aggiunto. Infatti: “Cosa diranno di lui? Quante ragazze ha abusato? Quanti miliardi di dollari ha preso? Lasciateli dire quello che vogliono. Dovrebbe fermare il genocidio e lasciare che Israele reagisca come vuole, la moralità dovrebbe prevalere”.

La dichiarazioni di Ben-Menashe dal web sono approdate a un media mainstream, il Daily Telegraph NZ, che aggiunge l’ovvio, cioè che Ben-Menashe non ha provato le sue dichiarazioni e che, se dovessero diventare qualcosa di più di un’intervista, attirerebbero smentite incrociate da Israele e Stati Uniti…



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🇸🇦🇸🇦🇵🇰🇵🇰 ACCORDO RIAD-ISLAMABAD: L'ATOMICA ISLAMICA METTE UN PIEDE IN MEDIO ORIENTE

“Il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman e il primo ministro pakistano Shehbaz Sharif hanno firmato mercoledì a Riyadh un accordo congiunto per la difesa strategica, ha riferito l’agenzia di stampa saudita […]. L’accordo stabilisce che qualsiasi aggressione contro uno dei due Paesi è un’aggressione contro entrambi”. Così Arab news.

Notizia passata quasi inosservata, ma di rilevanza geopolitica primaria: Riad ora possiede la deterrenza nucleare, dal momento che il Pakistan ha più di 150 testate atomiche. L’atomica islamica, quindi, si affaccia in Medio oriente. Un problema per Israele che ne era l’unico detentore e faceva conto anche su tale esclusività, parte del suo eccezionalismo, per ascendere al rango di dominus della regione.

Di interesse anche il cenno seguente di Arab news: “L’accordo rientra nel quadro degli sforzi dei due Paesi per rafforzare la propria sicurezza e raggiungere la sicurezza e la pace nella regione e nel mondo”. Quindi, in prospettiva, la svolta saudita potrebbe allargarsi ad altri Paesi della regione, in modi e forme da vedere, anche se ad oggi resta un orizzonte più che nebuloso.

Questa la prima reazione concreta al bombardamento israeliano in Qatar, che ha allarmato tutti i Paesi mediorientali. Da notare che il principe saudita Mohamed Bin Salman, subito dopo aver siglato l’accordo di cui sopra, ha incontrato il Consigliere per la Sicurezza nazionale iraniano Ali Larjani per confrontarsi sulla situazione della regione, minata dalla destabilizzazione propalata a piene mani dall’aggressività israeliana…


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🇵🇸🇵🇸🇵🇸🇮🇱 IL GENOCIDIO DI GAZA E LA BANALITÀ DEL MALE

“L’opinione pubblica israeliana assiste all’espulsione di donne, bambini e anziani e tace”, scrive Ahmad Tibi su Haaretz. “Assiste alla pulizia etnica e non dice nulla. Assiste alla distruzione totale della Striscia di Gaza e non parla. Sa che 18.000 bambini sono stati uccisi a Gaza e rimane in silenzio. Sa che giornalisti, medici, soccorritori, educatori e migliaia di civili sono sepolti sotto le macerie e non dice nulla. E quando case e grattacieli vengono bombardati, non dice nulla, spesso anzi vogliono di più, a volte addirittura sorridono sadicamente”.

“Le atrocità comsumate presso le comunità israeliane al confine con Gaza, durante le quali sono stati assassinati 30 bambini e centinaia di civili, hanno giustamente scioccato l’opinione pubblica israeliana. Ma ciò che il governo sta perpetrando a Gaza, con il sostegno della maggior parte dell’opinione pubblica, non è ‘autodifesa’. Non è una reazione estemporanea, ma l’attuazione di un vecchio piano riposto, in attesa, in qualche cassetto: un piano di trasferimento e annientamento che emerge dalle profondità del discorso politico-difensivo di Israele. Il governo israeliano è diventato un governo apertamente kahanista”.

“Non è lontano il giorno in cui i ministri del Likud deporranno una corona di fiori sulla tomba di Meir Kahane. Quello che un tempo era considerato un abominevole estremismo e dichiarato fuorilegge è ora il fulcro del consenso al potere”.
“Tutti quelli che hanno ripetuto l’affermazione che ‘non ci sono persone estranee a Gaza’ hanno giustificato l’uccisione di bambini e innocenti. Queste parole non sono state un lapsus, ma un’affermazione nazista. Non appena si elimina la distinzione tra combattente e civile, nel momento in cui si afferma che tutti i palestinesi sono obiettivi legittimi, si approva l’uccisione di milioni di persone”.

“[…] Chiunque assista alle atrocità che l’esercito israeliano commette giorno e notte nella Striscia di Gaza – bambini affamati, donne con arti mancanti, interi quartieri polverizzati – e continui a ripetere il trito e ridicolo mantra ‘sull’esercito più morale del mondo’, è complice a tutti gli effetti di questi crimini”…


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SI INTENSIFICA IL GENOCIDIO DI GAZA E, IN PARALLELO, IL SOSTEGNO USA A ISRAELE

“Gaza City è avvolta dalle fiamme, mentre l’esercito israeliano lancia la sua offensiva di terra a lungo minacciata dopo settimane di bombardamenti incessanti. Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, già sottoposto a un mandato di arresto internazionale per sospetto di crimini contro l’umanità, ha descritto quest’ultimo assalto come ‘un’operazione intensiva”. Vi esorto a guardare le immagini in streaming da Gaza e a capire cosa significa veramente questo eufemismo”. Inizia così una nota di Orly Noy, presidente del consiglio direttivo di B’Tselem (ong israeliana), pubblicata su +972 Magazine.

“Guardate negli occhi le persone in preda a un terrore senza paragoni persino nei momenti più bui di questo genocidio durato due anni”, prosegue la Noy. “Osservate le file di bambini coperti di cenere che giacciono sul pavimento intriso di sangue di quello che un tempo era un centro medico – alcuni a malapena vivi, altri che piangono di dolore e paura – mentre mani disperate cercano di confortarli o di curarli con le scorte mediche rimaste”.

“Ascoltate le urla delle famiglie in fuga senza un posto dove rifugiarsi. Osservate i genitori che perlustrano l’inferno alla ricerca dei loro figli; arti che sporgono da sotto le macerie; un paramedico che culla una bambina immobile, implorandola invano di aprire gli occhi”.

“Ciò che Israele sta facendo a Gaza City non è il tragico sottoprodotto di eventi caotici che avvengono sul campo di battaglia, ma un atto di annientamento ben calcolato, eseguito a sangue freddo ‘dall’esercito del popolo’, ovvero da padri, figli, fratelli e vicini di casa di noi israeliani”…


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🇺🇦🇵🇱🇩🇰 L'OCCIDENTE E LA PERICOLOSA ISTERIA DELLA MINACCIA RUSSA

La spinta isterica per dar vita a un’escalation contro la Russia si intensifica, con i Paesi Nato a inventare sempre nuovi pretesti per favorire tale sviluppo. Dapprima i droni russi sui cieli polacchi, capitati lì a causa di un disturbo elettronico che li ha deviati – come dimostra anche lo sconfinamento in Bielorussia, paese alleato di Mosca, che certo non aveva alcuna necessità di minacciare. Sconfinamento che ha avuto una coda nella distruzione di una casa – per fortuna nessuna vittima – e nella violazione delle spazio aereo della residenza del presidente polacco da parte di un drone.

Le solite accuse roboanti alla Russia per entrambi gli episodi, seguite poi dalle sussurrate smentite perché si è scoperto che la casa era stata distrutta da un missile partito da un F-16 Nato, dicono impazzito, e che il drone era teleguidato da un ragazzo ucraino e una ragazza bielorussa. Poi c’è stato l’allarme per lo sconfinamento di un drone, dicono russo, in Romania e l’asserito sconfinamento di jet russi nei cieli di Paesi Nato.

Un’escalation progressiva che hanno avuto il suo momento epifanico nell’allarme lanciato dalla guerrafondaia Ursula von der Lyen su un asserito attacco hacker russo al suo velivolo in fase di atterraggio in Bulgaria, allarme dimostratosi del tutto infondato, anzi inventato di sana pianta.

Se ricordiamo l’episodio è perché l’invenzione della Von der Lyen era, oltre che sciocca, di una gravità assoluta: il fatto che non sia stata rimossa dall’alto incarico che presiede getta luce sugli allarmi successivi.

Tutti incidenti usati per adire a un confronto con la Russia, nulla importando se siano stati causati da disturbi elettronici o se siano da ascriversi a quegli sconfinamenti limitati che si registrano con tanta frequenza nei cieli dei Paesi Nato ad opera dei jet russi e nei cieli russi ad opera di jet Nato…


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